Diffidenza verso la tecnologia

Droni per l’agricoltura

Numerosi i gap infrastrutturali, economici, normativi e culturali ancora da superare in Italia per le imprese agricole che però sono chiamate ad affrontare la sfida della competitività sfruttando le risorse messe in campo dalla Ue.

L’innovazione potrà fare la differenza in termini di qualità e quantità dei prodotti agricoli nei prossimi anni ma gli ostacoli da superare per un’applicazione dell’agricoltura 4.0 nel nostro Paese sono ancora molti. La prima difficoltà emersa durante il V Forum Agrifood Monitor di Nomisma è l’arretratezza infrastrutturale. Secondo una ricerca illustrata durante il convegno la copertura della banda larga nelle aree rurali si ferma all’82%, 4 punti sotto media europea che è dell’86% e che può arrrivare al 99% nei Paesi Bassi. E la bassa qualità del collegamento durante la diretta online di Eros Gualandi, presidente della Società Cooperativa Agricola bolognese Il Raccolto, mentre illustrava i buoni risultati ottenuti dal distretto, lo ha purtroppo confermato.

Ma c’è un altro freno alla precision farming che è ancora forte in Italia, cioè la diffidenza dei consumatori: il 45% del campione percepisce ancora la tradizione in ambito alimentare come sinonimo di qualità anche se la maggioranza (54%) ritiene fondamentale un salto di qualità sul fronte tecnologico con investimenti sul fronte dell’innovazione. Non mancano poi gli irriducibili, quelli disposti a pagare di più pur di continuare ad avere prodotti da contadini meno avvezzi alla tecnologia (18%). C’è poi un 13% si dice pronto a cambiare la propria dieta introducendo alimenti alternativi (come gli insetti o le alghe), un 5% disponibile a consumare cibi creati in laboratorio.

Il 2050 però è vicino e per quella data occorrerà produrre tra il 60% e 70% in più di cibo per soddisfare il fabbisogno globale in un contesto climatico che ha visto negli ultimi 40 anni il numero di disastri naturali estremi più che triplicato. Non c’è dunque tempo da perdere e le risorse e gli obiettivi, come ha sottolineato l’europarlamentare Paolo De Castro , Presidente Comitato Scientifico di Nomisma, non mancano.

“Gli obiettivi di sostenibilità che pone il Green Deal sono ambiziosi e per quanto condivisibili non possono essere lasciati solo in capo agli agricoltori senza prevedere strumenti ed interventi specifici a supporto. Ecco perché abbiamo chiesto ed ottenuto in Europa che il 55% dei fondi destinati allo Sviluppo Rurale derivanti dal Next Generation EU fossero riservati gli investimenti in innovazione nelle aziende agricole. Lo stesso dicasi, proprio per raggiungere le finalità della strategia From Farm to Fork, in una maggior apertura da parte dell’Unione Europea verso l’adozione delle NBT, le tecniche di miglioramento genetico”, ha dichiarato De Castro.

“Ed è proprio la genetica una delle risorse che va sfruttata al meglio come la Crispr che utilizza forbici molecolari per produrre mutazioni” ha affermato Michele Morgante professore di genetica università Udine, ospite del convegno.

Le tecniche genetiche aumentano la produttività delle coltivazioni del 50% ma possono dare un contributo per preservare il patrimonio varietale soprattutto per i vitigni e renderli più resistenti e sostenibili”. Manca ancora però, aggiunge il professore, un corpus normativo per operare al meglio e l’accettazione da parte del consumatore che è ancora scettico.

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Il ritratto dell’azienda agricola italiana: i gap strutturali da superare.

Ci sono poi altri due gap da colmare che riguardano il caso italiano. Lo ha ricordato Carlo Gherardi presidente Crif in apertura del’evento e sono l’elevata età e la bassa scolarizzazione di chi lavora in ambito agricolo: “E’ necessario dunque formare più giovani affinché la tecnologia aumenti la competitività del nostro settore primario. La sfida dell’Agritech, così strategica per il futuro della nostra agricoltura, può essere vinta anche attraverso uno sviluppo delle iniziative imprenditoriali di startup in grado di ampliare l’offerta di servizi e prodotti tecnologici e digitali a supporto del settore primario. Ed è proprio per questo che Crif assieme a Fondazione Golinelli ha lanciato la prima edizione di I-Tech Innovation 2021, un programma che prevede investimenti per oltre 1,6 milioni di euro rivolti a start-up innovative in settori strategici come quello del FoodTech/Agritech”, ha aggiunto Gherardi.

Un altro handicap è costituito dalla dimensione delle imprese agricole italiane che è di 11 ettari contro i 17 della media Ue oltre appunto alla formazione agraria completa che riguarda solo il 6% dei conduttori contro il 9% dell’Ue.

Nonostante queste criticità, aggiunge Denis Pantini, responsabile Agroalimentare di Nomisma, l’agricoltura 4.0, pur essendo ancora poco diffusa tra le aziende italiane, ove applicata permette non solo di recuperare efficienza grazie a risparmi nei costi di produzione che, per colture estensive come il frumento tenero, arrivano fino al 15% ad ettaro, ma anche una maggiore produttività che può arrivare ad un +10%. Il che si traduce non solo in un incremento di redditività per l’agricoltore (sostenibilità economica) ma anche in un minor impatto ambientale, grazie all’uso di agrofarmaci, fertilizzanti e acqua in base alle reali necessità delle piante coltivate (sostenibilità ambientale).

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